Non profit

L’affido del futuro tiene unita la famiglia

Hanno avuto un’intuizione per certi versi quasi scontata: non separare i minori in affido dalla propria famiglia d’origine.

di Chiara Sirna

Fondazione Paidea e Comune di Torino, in collaborazione con associazioni del territorio e consulenti esterni, hanno lanciato Dare una famiglia a una famiglia, progetto di affido innovativo che permette di non smembrare i nuclei familiari e tenere uniti genitori e figli. L?idea è affiancare una famiglia ?risorsa? a un?altra che si trova in difficoltà, fino alla risoluzione del problema.

Hanno avuto un?intuizione per certi versi quasi scontata: non separare i minori in affido dalla propria famiglia d?origine. Eppure è raro riuscire a farlo. Nove volte su dieci si tolgono i ragazzi dal contesto a rischio e li si affida a un altro nucleo.

In cosa consiste? Il meccanismo è semplice. Una famiglia ?risorsa? si mette a disposizione per prendere in affido una famiglia ?in difficoltà?. Al completo però. «Non è la coppia che accoglie in casa propria un minore, ma è la famiglia intera a condividere momenti di vita con l?altra, che pure resta a casa sua», spiega Roberto Maurizio, formatore e consulente di politiche giovanili e servizi per minori, che ha curato il progetto Dare una famiglia a una famiglia di Fondazione Paideia e Comune di Torino. A garantire per la progettazione, la supervisione e la formazione degli operatori ci sono i servizi sociali del Comune e le associazioni del territorio.

«Il vantaggio non è solo che le famiglie in difficoltà non vengono smembrate», spiega ancora Maurizio, «ma che il tessuto cittadino risponde e si responsabilizza». E a quanto pare non si tira indietro.

Dalle prime sei famiglie ?sperimentali? del primo anno, l?esperienza è stata allargata a 25 nuclei, per un totale di 40 minori in affido. Situazioni border line, ma non ?pericolose?. Ci sono donne agli arresti domiciliari, con il marito in carcere, o abbandonate, con i figli a carico. O genitori malati, che non riescono a lavorare ma devono comunque mantenere la famiglia. «Sono situazioni che non richiedono l?allontanamento, anzi, più che altro un supporto a restare uniti», continua Maurizio.

E infatti l?intervento della famiglia-risorsa si limita a questo: fare la spesa insieme, aiutare i ragazzi a studiare e fare i compiti, uscire, ascoltare, seguire la famiglia nel rapporto con i servizi sociali. Insomma, essere di sostegno: dall?esterno, ma con una presenza costante. I risultati? A oggi è soltanto una l?esperienza fallita, perché la famiglia in difficoltà sentiva troppa pressione da parte dell?altra. «L?importante è stabilizzare una situazione», spiega la famiglia Caccamo-Campiti, che ha adottato una famiglia con una madre disoccupata, «di volta in volta ci porremo altri obiettivi. Anche quando il nucleo sarà ricomposto, saremo disponibili a dare una mano».

A supervisionare ci sono i servizi sociali del Comune. «È un progetto che permette di cedere potere decisionale alle associazioni e al territorio», commenta Giuseppe Taddeo, del settore minori dell?assessorato ai Servizi sociali. Alle famiglie risorsa vengono garantiti 392,51 euro mensili come rimborso spese, alle associazioni partner 2mila euro totali. E oggi l?esperienza è diventata anche un libro-racconto, edito da Ega Editore.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.